mercoledì 7 gennaio 2009

Arbitri si nasce… non si diventa!!!

Di Edgardo Sogno




La federazione, la Commissione Arbitri, i Maestri e… soprattutto i poveri atleti del karate italiano, si sono ormai accorti di avere a che fare con un grosso, grossissimo problema: gli arbitri!

Qualcuno, leggendo queste prime righe del mio articolo, dirà: “Ecco la vecchia polemica contro quei poveretti in giacca blu, comune a tutti gli sport”.

No, ribatto io, magari fosse così semplice. Il problema è reale e… si vede.

Il “grido” di protesta si leva da sempre più parte a qualche arbitro è già stato minacciato; un paio sono stati malmenati ed ad uno è stata danneggiata l’auto.

Il malessere c’è e non affrontarlo significa solo accrescerlo e… rimandare la “resa dei conti”…

I bravi e pazienti membri della Commissione nazionali arbitri stanno facendo del loro meglio intervenendo ad ogni occasione e organizzando stage di aggiornamento continui… ma lotta degli ottimi Tanini e Antonacci è una impresa impari…

E si, perché anche il migliore agricoltore, per quanto lavori e si prodighi con competenza, non può raccogliere gran chè se semina sulle pietre.

Il problema dell’ultima generazione di arbitri è semplicemente che non sa arbitrare!!!

Nei venti anni tra il 1980 ed il 2000, la Federazione aveva creato una classe arbitrale di prim’ ordine ottimi arbitri, sempre presenti ad ogni gara (e quindi ricchi di esperienza), quasi tutti erano anche ottimi maestri o ex atleti agonisti.

C’ avevano l’occhio… come dicono a Roma. Certo a volte, essendo anche tecnici, potevano avere dei… “conflitti d’interesse”, ma sapevano certamente arbitrare bene: quasi tutti sono diventati internazionali, universalmente molto apprezzati.

Gli arbitri attuali non hanno palestre dove insegnare e, tranne un paio di eccezioni, non hanno mai praticato agonismo; non si allenano quasi mai con il kimono e quei che continuano ad andare dal loro vecchio maestro lo fanno un paio di volte alla settimana al corso “amatori”, dopo che sono usciti dall’ufficio.

Sono arbitri di 2^ categoria o appena promossi di 1^ categoria: magari sanno l regolamento a memoria ma le tecniche… nun le vedono… proprio.

Negli ultimi due anni erano “affiancati”, ad ogni gara nazionale, da alcuni internazionali più esperti: da quest’anno, a parte uno un poco più “esperto” su ogni area, sono loro i “protagonisti” dei tatami nostrani. E, purtroppo, i risultati sono sotto gli occhi di tutti, Qualche maestro si arrabbia e da in escandescenze, ma non lo fanno a posta, semplicemente non sono… “ancora pronti”.

La preoccupazione di molti è che, con queste basi, non lo saranno mai.

Né si può sperare che con la pratica migliorino: primo, chi l’occhio… nun c’è l’ha… difficilmente lo potrà mai avere, nemmeno… si se mette gli occhiali…!!! Secondo, questi arbitri non sono assimilabili a quelli di calcio, pallavolo o pallacanestro che possono fare esperienza arbitrando tutte le domeniche, magari nei campionati minori e, man mano, i migliori dopo alcuni anni vanno ad operare nelle massime Divisioni. Questi nostri arbitri, fanno il media quattro gare l’anno (un paio in regione ed un paio nazionali) e quindi, mentre fanno danni tremendi tra i nostri atleti di punta, necessiterebbero di 15/20 anni per maturare una esperienza pari ad un anno di un loro collega di calcio o pallavolo. Terzo punto, non ci sembra giusto, mettendoci dalla parte delle società che pagano centinaia di euro per arrivare a Roma o magari a Loano o Monza o dei poveri atleti che sudano per anni in palestra, che questi “arbitri” si facciano la loro formazione sulla “pelle” di questi poveri disgraziati. Volete degli esempi?

Durante i recenti campionati di kata a Loano, quasi tutti i giudici di sedia, alzavano le bandierine un …secondino… dopo il fischio, buttando lo sguardo alla bandierina dell’arbitro centrale, notoriamente “più esperto” (essendo nazionale da tre anni o internazionale “B” di sedia europeo o della federazione del Mediterraneo, sic!!! Ai Campionati Assoluti di Ostia, arbitri “ tremebondi” pregavano di “fare silenzio” alcuni coach che stavano dando consigli ai propri atleti sulle tecniche da usare: qualcuno faceva loro notare che nessun regolamento vietava di parlare con il proprio assistito. A questo punto, il solerte capo tatami dichiarava, con compita autorità che si, il maestro aveva ragione ma che poteva parlare… a bassa voce… A bassa voce al Palafijlkam, con 600 atleti parlano, 450 tecnici che urlano, con 60 arbitri, che gridano, con 500 spettatori che fanno il tifo, con i presidenti di giuria che chiamano con il microfono la coppia successiva… indovina chi deve “parlare piano” perché altrimenti da fastidio all’arbitro? Ma il tecnico, naturalmente, ma non perché dia fastidio (infatti la settimana dopo agli internazionali di Monza nessun mondiale bada minimamente alle parole dei coach) ad alcuno ma prchè lo spaurito arbitro… che non sa arbitrare… invece di pensare a fare il suo mestiere sta a sentire quello che dicono i tecnici e non riesce a concentrarsi.

Così, non sapendo fare il suo mestiere, pensa bene di impedire al coach di fare il suo, con evidente doppio danno per i poveri atleti che rimangono, alla fine, le vere vittime di questa… “scarsa professionalità”.

Tanti auguri ai bravi e pazienti Piero e Roberto: avete di fronte a voi tanto, ma tanto da lavorare per cercare di elevare questa classe arbitrale.

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